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Blue Whale: i consigli della Polizia Postale

Il Blue Whale è una pratica che può suggestionare i ragazzi ed indurli progressivamente a compiere atti di autolesionismo, azioni pericolose (sporgersi da palazzi, cornicioni, finestre etc.) sino ad arrivare al suicidio. Questa suggestione può essere operata dalla volontà di un adulto che aggancia via web e induce la vittima alla progressione nelle 50 tappe della pratica oppure da gruppi whatsapp o sui social nei quali i ragazzi si confrontano sulle varie tappe, si fomentano reciprocamente, si incitano a progredire nelle azioni pericolose previste dalla pratica, mantenendo gli adulti ostinatamente all’oscuro (Fonte: Polizia Postale)

La Polizia Postale ha diffuso in rete  molti comunicati su Blue Whale. Noi, come associazione, abbiamo deciso di pubblicarne due di essi al fine di contribuire ad una maggior informazione e a comprendere meglio la criticità in Italia.

Blue Whale  è un gioco molto pericoloso in particolare per i bambini e gli adolescenti; conoscerlo permette di riconoscerlo e segnalarlo alla Polizia Postale.

 

“Blue Whale è una discussa pratica che sembrerebbe provenire dalla Russia: viene proposta come una sfida in cui un così detto “curatore” può manipolare la volontà e suggestionare i ragazzi sino ad indurli al suicidio, attraverso una serie di 50 azioni pericolose. Ad oggi capita anche che bambini e adolescenti si contagino fra di loro, spingendosi ad aderire alla sfida su gruppi social dopo aver facilmente rintracciato in rete la lista delle prove ed essersi accordati sul carattere segreto di questa adesione. Le prove prevedono un progressivo avvicinamento al suicidio attraverso pratiche di autolesionismo, comportamenti pericolosi e la visione a film dell’orrore e altre presunte “prove di coraggio”, che vengono documentate con gli smartphone e condivise in rete sui social. La Polizia Postale e delle Comunicazioni sta seguendo il fenomeno: le nostre indagini si concentrano sull’identificazione di adulti, giovani o gruppi di persone che inducono via web bambini e ragazzi ad esporsi ad un rischio concreto per la loro vita. Poniamo molta attenzione a quanto i cittadini ci segnalano su casi di rischio

associati a questa pratica. Prezioso è il contributo dei docenti che contribuiscono ad intervenire in questo stato di omertà. Ogni informazione utile contribuisce a potenziare la nostra azione di protezione dei bambini e dei ragazzi in rete. Il fenomeno in parola è stato sostanzialmente conosciuto in Italia solamente a seguito di servizi televisivi dedicati. Solo pochi accenni erano presenti sul Web prima di tale “scoop” e tutte le fonti giornalistiche usavano una sostanziale cautela nel riportare, a supporto di tale fenomeno, situazioni e dati di fatti realmente accaduti certi e sicuri.”

Fonte: Sostituto Commissario Marco Valerio Cervellini (Dip.della Pubblica Sicurezza – Polizia Postale e delle comunicazioni)

 


Consigli per i genitori

  • Aumentate il dialogo sui temi della sicurezza in Rete: parlate con i ragazzi di quello che i media dicono e cercate di far esprimere loro un’opinione su questo fenomeno;
  • Prestate attenzione a cambiamenti repentini di rendimento scolastico, socializzazione, ritmo sonno-veglia: alcuni livelli della sfida prevedono di autoinfliggersi ferite, di svegliarsi alle 4,20 del mattino per vedere video horror, ascoltare musica triste;
  • Se avete il sospetto che vostro figlio frequenti spazi web sulla Balena Blu-Blue Whale parlatene senza esprimere giudizi, senza drammatizzare né sminuire: può capitare che quello che agli adulti sembra “roba da ragazzi” per i ragazzi sia determinante;
  • Indurre qualcuno a compiere azioni dolorose e pericolose, così come dichiarare emergenze che non esistono, può essere reato: quello che sembra uno scherzo può diventare un rischio grave per chi è fragile o troppo giovane;
  • Se vostro figlio sta passando un periodo di forte fragilità, non esitate a confrontarvi con gli specialisti che lo seguono, chiedendo loro quali strategie potete adottare per ridurre il rischio che si lasci coinvolgere nella sfida Blue Whale;
  • Se vostro figlio vi racconta che c’è un compagno che partecipa alla sfida Balena Blu-Blue-Whale, non esitate a comunicarlo ai genitori del ragazzo se avete un rapporto confidenziale, o alla scuola se non conoscete la famiglia; se non siete in grado di identificare con certezza il ragazzo in pericolo recatevi presso un ufficio di Polizia o segnalate i fatti cliccando qui www.commissariatodips.it

 

Consigli per i ragazzi


  • La sfida del Blue Whale non è un gioco né una prova di coraggio, è qualcosa che attraverso i social può far leva sulla fragilità di alcuni bambini e ragazzi, inducendoli a mettersi seriamente in pericolo: non contribuire a diffondere questo rischio;
  • Nessuna sfida con uno sconosciuto o con gruppi di amici sui social può mettere in discussione il valore della tua vita: segnala chi cerca di indurti a farti del male, a compiere autolesionismo, ad uccidere animali, a rinunciare alla vita cliccando su www.commissariatodips.it
  • Ricorda che anche se ti sei lasciato convincere a compiere alcuni passi della pratica Blue Whale, non sei obbligato a proseguire: parlane con qualcuno, chiedi aiuto, chi ti chiede ulteriori prove cerca solo di dimostrare che ha potere su di te;
  • Non credere che pressioni a compiere prove sempre più pericolose siano reali: chi minaccia te o la tua famiglia vuole dimostrare di poterti comandare, non lasciarti ingannare;
  • Se conosci un coetaneo che dice di essere una Blue Whale parlane subito con un adulto: potrebbe essere vittima di una manipolazione psicologica, di una suggestione e il tuo aiuto potrebbe farlo uscire dalla solitudine e dalla sofferenza;
  • Se qualcuno ti ha detto di essere un “curatore” per la sfida Blue Whales sappi che potrebbe averlo proposto ad altri bambini e ragazzi: parlane con qualcuno di cui ti fidi e segnala subito chi cerca di manipolare e indurre dolore e sofferenza ai più piccoli;
  • Se sei stato aggiunto a gruppi whatsapp, Facebook, Istagram, Twitter o altri social che parlano delle azioni della sfida Blue Whale, parlane con i tuoi genitori o segnalalo subito cliccando su www.commissariatodips.it 

La rete deve tutelare meglio, l’utente sia più consapevole

“La rete non è un mondo virtuale ma reale. È una dimensione della vita complicata e piena di insidie, di cui gli utenti devono essere consapevoli” Antonello Soro, Presidente del Garante per la privacy

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Antonello Soro “La rete deve tutelare meglio, l’utente sia più consapevole”

Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Marco Ventura, Il Messaggero, 5 novembre 2016)

Il diritto insegue il progresso tecnologico. Ecco il rebus di fronte al quale si trova, anche per la sollecitazione di clamorosi casi di cronaca, Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante della protezione dei dati personali (o privacy). Che mette in guardia contro l’enormità dei pericoli. “La rete non è un mondo virtuale ma reale. È una dimensione della vita complicata e piena di insidie, di cui gli utenti devono essere consapevoli”. 

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Si può essere involontari artefici della propria rovina, come la povera Tiziana Cantone suicida dopo la diffusione virale di video hard che lei stessa aveva inviato a contatti Facebook? 

“Certo, la Rete non è mai circoscritta. È un oceano nel quale una volta che abbiamo lanciato una nostra immagine o dato personale, difficilmente ne avremo il controllo”. 

È vero che in Rete tutto lascia traccia?

“Accidenti se è vero! Una conversazione in piazza può rimanere tra 5-6 persone, in rete è potenzialmente aperta a tutto il mondo”. 

Una sentenza civile a Napoli Nord ha stabilito che Facebook doveva rimuovere per tempo link e informazioni su Tiziana, ma ha escluso  il controllo preventivo dei provider sui contenuti postati dagli utenti. Intanto in Germania la procura di Monaco ha indagato il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, per la mancata eliminazione di post con minacce di morte e negazioni dell’Olocausto. Come ci si deve orientare in questo ginepraio? 

“Si conferma la tendenza a responsabilizzare i gestori dei social network per tutelare in tempo chi in rete sia o presuma di essere vittima di contenuti lesivi e/o offensivi. A Napoli e a Monaco, si imputa a Facebook l’omessa rimozione. L’oscuramento dei contenuti non può seguire procedure troppo lunghe: l’intervento tempestivo contiene di molto il danno tecnologico permanente di una notizia messa in rete e poi moltiplicata in modo pulviscolare in tutto il mondo. Occorrono forme agili e  immediate come quelle che si stanno disciplinando con la nuova legge in discussione in Parlamento sul cyber-bullismo. Nella stessa dirczione va l’accordo di qualche mese fa tra i gestori di social network e la Commissione europea circa lo ‘hate speech’, l’istigazione all’odio, con interventi immediati, anche tramite filtri su certe espressioni. Bisogna armonizzare la tutela dei diritti off line con quella dei diritti on line. Vita fisica e digitale vanno trattate allo stesso modo, sulla base degli stessi obblighi e diritti che pretendiamo nella vita fisica in cui ci siamo abituati a rispettarci. Questo percorso di adattamento progressivo delle due dimensioni dev’essere veloce quanto l’innovazione tecnologica”. 

La dimensione della rete è globale, quella giudiziaria e di protezione della privacy è nazionale. Si possono perseguire soggetti formalmente stranieri come Facebook?

“Con sentenze fondamentali e con il nuovo regolamento UE di protezione dei dati, la giurisprudenza europea assoggetta le società extra-europee al nostro ordinamento quando trattino dati di cittadini europei. Ma gli stessi gestori dei social network hanno interesse a presentarsi agli occhi degli utenti non come nemici. C’è un fiorire di disponibilità che vedremo quanto concrete”. 

Niente controllo preventivo sui contenuti?

“Sarebbe terribile delegare la censura a queste organizzazioni gigantesche largamente governate da algoritmi. Il tema della libertà di opinione mai come in questo caso verrebbe a scontrarsi con una necessità di tutela dei diritti. Nessun ruolo di filtro preventivo generico possiamo attribuire ai motori di ricerca se non forse, tramite selettori, in casi molto mirati e specifici di istigazione all’odio”. 

Il problema di Tiziana nasce con l’innesco della diffusione virale…

“Diffondere in rete un dato ricevuto nel nostro smartphone senza il consenso di chi ce lo ha trasmesso è un illecito sanzionato dal codice in materia di privacy, e se contiene profili di diffamazione è anche un reato penale. Non sono in grado di valutare quanto nella vicenda tristissima di Tiziana ci fosse nella diffusione dei video un intento tale da configurare il reato penale, ma l’illecito c’era. E spero che si possa aprire una finestra sul rischio corso da chi ingenuamente o no consegna alla rete i propri dati, ma anche da chi li diffonde”. 

I provider devono essere comunque più solleciti nella rimozione? 

“Noi come Autorità siamo molto determinati a far valere concretamente il nostro ordinamento verso tutti gli internet provider, e abbiamo dalla nostra molte sentenze della Corte di giustizia europea che ci incoraggiano”. 

E se l’FBI o la magistratura chiedono a un’azienda come Apple di “aprire” gli smartphone di terroristi o criminali? 

“Apple con l’FBI ha forzato il buonsenso: si chiedeva a chi detiene il codice sorgente di aprire non tutte ma alcune ‘casseforti’, in nome della collaborazione contro crimine e terrorismo. È successo anche a Milano. Atteggiamenti di resistenza a un percorso di legalità che invece conviene a tutti. In questi casi, mi auguro in futuro una collaborazione intelligente dei provider”. 

Fonte: ufficio stampa Garante per la privacy
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Internet e le relazioni sociali

Nativi digitali e bullismo in rete

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Nativi digitali e web

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Quando i ragazzi sono su internet, non si sta semplicemente acquisendo una via di accesso a nuove forme di informazione e relazioni: il flusso è, infatti, bidirezionale. Ci si espone a una pratica di scambio che necessariamente comporta dei rischi. La vera sicurezza non sta tanto nell’evitare le situazioni potenzialmente problematiche quanto nell’acquisire gli strumenti necessari per gestirle.

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Bullismo in rete

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Il confronto è sempre un momento di arricchimento sul piano della conoscenza; ma ciò che è da tener presente, come emerge dai recenti studi e statistiche, è che spesso e con facilità non si conosce chi è al di la del monitor. Il confine tra uso improprio e uso intenzionalmente malevolo della tecnologia è sottile: si assiste, per quanto riguarda il bullismo in rete,  a una sorta di tensione tra incompetenza e premeditazione e, in questa zona di confine, si sviluppano quei fenomeni che sempre più spesso affliggono i giovani e che spesso emergono nel contesto scolastico. Chi agisce nell’anonimato e nella mancata interazione visiva, inoltre, non ha spesso la consapevolezza e la reale percezione delle offese e degli attacchi che la vittima subisce.

Ministero dell’Istruzione e della ricerca scientifica

Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo

 

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Legge sul cyberbullismo

Cyberbullismo arriva la legge.

Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo

Il «cyberbullismo»  è un fenomeno che si è sviluppato a seguito dell’ampio utilizzo dei mezzi di comunicazione online da parte di giovani e preadolescenti. ll termine indica l’atto di bullismo compiuto da un soggetto (cyberbullo) che, prevalentemente mediante i social network, offende la vittima mediante la diffusione di prevalentemente mediante i social network, offende la vittima mediante la diffusione di materiale denigratorio (testi, foto e immagini) o la creazione di gruppi «contro». Si tratta di un uso inappropriato della rete, realizzato fuori dal controllo degli adulti, con cui i ragazzi si scambiano contenuti violenti, denigratori, discriminatori, rivolti a coetanei considerati «diversi» per aspetto fisico, abbigliamento, orientamento sessuale, classe sociale o perchè stranieri.

Art. 1.

(Finalità e definizioni)

1. La presente legge si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di at- tenzione e tutela ai minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di re- sponsabili di illeciti.

2. Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione e si intende altresì qualunque forma di furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica.

Art. 2.

(Tutela della dignità del minore)

1. Ciascun genitore o, comunque, il soggetto esercente la responsabilità del minore che abbia subito taluno degli atti di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, può inoltrare al titolare del trattamento, una istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet, previa conservazione dei dati originali, anche qualora le condotte di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, non integrino le fat- tispecie previste dall’articolo 167 del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ovvero da altre norme incriminatrici.

2. Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell’istanza di cui al comma 1, il soggetto richiesto non abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento, l’interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento dell’atto, provvede ai sensi degli articoli 143 e 144 del citato codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

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